Uno studio a lungo termine condotto da MedUni Vienna ha dimostrato per la prima volta che i cibi ad alto contenuto di sale aumentano il rischio di cancro allo stomaco.
Sono stati analizzati i dati di oltre 470.000 adulti provenienti dallo studio di coorte britannico su larga scala “UK-Biobank”. Le persone che affermavano di aggiungere sempre o frequentemente sale al cibo avevano il 39% in più di probabilità di sviluppare il cancro allo stomaco in un periodo di osservazione di circa 11 anni rispetto a coloro che non aggiungevano mai o raramente un pizzico di sale.
La prof.ssa Selma Kronsteiner-Gicevic afferma: “Con il nostro studio vogliamo aumentare la consapevolezza sugli effetti negativi di un consumo estremamente elevato di sale e fornire una base per misure di prevenzione per il cancro allo stomaco“
La Global Strategy for Asthma Management and Prevention incorpora nuove informazioni scientifiche sull’asma basate su una revisione della recente letteratura scientifica da parte di un gruppo internazionale di esperti del Comitato Scientifico del Global Initiative for Asthma (GINA). Questa risorsa completa e pratica su una delle malattie polmonari croniche più comuni al mondo contiene ampie citazioni dalla letteratura scientifica e costituisce la base per altri documenti e programmi GINA.
La GINA è ampiamente riconosciuta come la principale fonte di linee guida per la gestione dell’asma. Fornisce raccomandazioni basate sull’evidenza per i medici e altri operatori sanitari coinvolti nella cura dei pazienti con asma.
Un nuovo studio della Harvard Medical School, suggerisce che le proteine rilevabili nel sangue potrebbero migliorare le previsioni sul rischio di cancro al fegato o carcinoma epatocellulare (HCC), che viene generalmente diagnosticato nelle fasi successive, quando i tassi di sopravvivenza sono inferiori.
Il team ha utilizzato la proteomica, lo studio e la profilazione delle proteine, per sviluppare un modello minimamente invasivo per la diagnosi o lo screening del cancro al fegato in una fase precoce e più curabile. Utilizzando il SomaScan Assay Kit, una piattaforma di proteomica ad alto rendimento che misura i livelli proteici nei campioni biologici. I ricercatori hanno rilevato 1.305 proteine biologicamente rilevanti che potrebbero essere presenti nel sangue in fase iniziale di malattia.
Dai campioni di sangue, i ricercatori hanno identificato 56 proteine plasmatiche che mostravano livelli significativamente elevati nei pazienti con cancro al fegato rispetto ai campioni di controllo corrispondenti senza HCC.
Questa dichiarazione di raccomandazione del 2024 della US Preventive Services Task Force raccomanda lo screening mammografico biennale per le donne di età compresa tra 40 e 74 anni (raccomandazione B) e conclude che le prove non sono sufficienti per valutare il rapporto tra benefici e rischi dello screening mammografico nelle donne di età pari o superiore a 75 anni ( I dichiarazione) e di screening mediante ecografia o risonanza magnetica in donne con seno denso su mammografia negativa.
Il consorzio Pancreatic Cancer Early Detection (PRECEDE) ha scoperto che gli individui con una storia familiare di adenocarcinoma pancreatico avevano un tasso significativamente più alto di sviluppare cisti pancreatiche rispetto a coloro che avevano un rischio basato solo su fattori genetici.
“Non ci aspettavamo che il cancro familiare del pancreas si associasse a una maggiore prevalenza di cisti del pancreas rispetto agli altri due gruppi di rischio descritti“, ha detto George Zogopoulos, MD, PhD, professore associato al Rosalind and Morris Goodman Cancer Institute presso la McGill University di Montreal. “Questa osservazione supporta l’idea che il rischio di presentare anomalie pancreatiche non è uguale tra tutti i gruppi ad alto rischio”.
“Sebbene lo screening di individui a rischio medio di cancro al pancreas non sia raccomandato, ci sono dati che suggeriscono che lo screening di individui ad alto rischio è giustificato“, ha detto Zogopoulos.
“La presenza di cisti può identificare individui che corrono un rischio maggiore [di] sviluppare il cancro del pancreas nel tempo a causa di cambiamenti nelle cisti o perché la presenza di cisti segnala che il pancreas ha un’aberrazione intrinseca che lo rende più suscettibile alla progressione delle cisti o ad altre escrescenze precancerose “, hanno detto in un comunicato stampa i ricercatori.
Un nuovo farmaco, Zilebesiran, attualmente in sperimentazione, al centro dello studio KARDIA-2 presentato al congresso dell’American College of Cardiology che si è svolto ad Atlanta dal 6-8 Aprile.
“I risultati della ricerca sono molto incoraggianti: la nuova molecola interferisce conl’RNA-messaggero bloccando nel fegato la produzione di angiotensinogeno, una proteina che è in cima alla catena dei processi organici che alla fine provocano il rialzo dei valori pressori. Riducendo la disponibilità di questa proteina nel sangue si abbassa anche la pressione – spiega Pasquale Perrone Filardi, Presidente Società Italiana di Cardiologia e Direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli.
L’innovativa terapia si somministra con una semplice iniezione sottocutanea simile a quella che si fa con l’insulina e la sua azione dura a lungo perché è sufficiente ripeterla a distanza di 3 o addirittura 6 mesi.
Durante lo studio di fase 2, randomizzato, in doppio cieco, che ha coinvolto 394 pazienti, sono state valutate diverse dosi di zilebesiran somministrate sottocute ogni 3 o 6 mesi rispetto al placebo. I risultati hanno indicato una diminuzione significativa della pressione aretriosa sistolica a 3 mesi in confronto al baseline, con le variazioni che vanno da -7.3 mm Hg a -10.0 mmHg per il zilebesiran, contro un aumento di +6.8 mmHg osservato nel gruppo placebo.
Gli eventi avversi non gravi correlati al farmaco, tra cui reazioni al sito di iniezione e iperkaliemia lieve, hanno interessato il 16.9% dei pazienti trattati con zilebesiran e l’8% di quelli che hanno ricevuto il placebo. Questi dati suggeriscono che lo zilebesiran potrebbe offrire un’opzione terapeutica efficace e potenzialmente più comoda per i pazienti, grazie alla possibilità di assunzioni meno frequenti.
Gli studi che riportano dati completi e complessivi sulla regressione della placca di diverse terapie di riduzione dei lipidi (LLT – lipid-lowering therapies) sono limitati. Gli autori di questo studio hanno effettuato una meta-analisi e una meta-regressione per valutare gli effetti delle LLT sulla regressione della placca coronarica aterosclerotica.
Gli Autori hanno esaminato l’efficacia di tutte le attuali LLT nella regressione della placca. Le LLT hanno ridotto in modo significativo la variazione percentuale della placca (PAV) e hanno anche ridotto la variazione del volume della placca assoluta (TAV). La meta-regressione ha evidenziato che l’effetto dipende dal tipo di LLT, dalla durata del trattamento e dal profilo lipidico di partenza.
Questi risultati suggeriscono che le LLT possono indurre una regressione significativa della placca coronarica aterosclerotica e che l’entità della regressione dipende da fattori come il tipo di terapia, la durata del trattamento e il profilo lipidico iniziale. Ciò può avere importanti implicazioni cliniche per la gestione dei pazienti con malattia coronarica aterosclerotica.
Questa linea guida pubblicata da NICE, riguarda la valutazione del rischio familiare e genetico di avere una variante patogena associata al cancro ovarico negli adulti.
Questa linea guida include raccomandazioni su:
organizzazione dei servizi;
informazioni e supporto;
valutare il rischio di avere una variante patogena;
criteri per la consulenza genetica e i test genetici;
valutare il rischio di sviluppare il cancro ovarico;
farmaci di prevenzione primaria;
intervento chirurgico per la riduzione del rischio.
Una revisione completa sull’International Journal of Molecular Sciences evidenzia il potenziale dell’olio extravergine di oliva e dei suoi composti fenolici nella prevenzione e nel trattamento della malattia di Alzheimer attraverso vari meccanismi, tra cui la riduzione dell’accumulo di beta-amiloide e della neuroinfiammazione.
L’olio d’oliva extravergine e i suoi composti fenolici prevengono i segni patologici dell’Alzheimer attraverso vari meccanismi. Essi contrastano l’aggregazione dei peptidi beta-amiloide, ne aumentano l’eliminazione dal cervello e prevengono danni neuronali e stress ossidativo.
Questi composti inibiscono l’iperfosforilazione delle proteine tau, impedendo la formazione di grovigli neurofibrillari e preservando importanti sistemi di trasporto neuronale. Inoltre, mantengono l’integrità della barriera emato-encefalica e limitano il trasporto di sostanze neurotossiche nel cervello.
Le robuste proprietà antinfiammatorie e antiossidanti dei composti fenolici giocano un ruolo vitale nel prevenire la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo nel cervello, necessario per limitare ulteriori peggioramenti delle patologie legate all’Alzheimer.
Nei pazienti affetti da Alzheimer lieve, si è riscontrato che una combinazione di oleuropeina e S-acetil glutathione migliora significativamente le funzioni cognitive, la memoria, le funzioni esecutive e i disturbi comportamentali.
In uno dei più grandi studi mai condotti sull’interazione gene-ambiente sulla carne rossa e sul cancro del colon-retto, che ha esplorato l’impatto del consumo di carne rossa sul rischio di cancro di una persona in base al genotipo, i ricercatori hanno identificato due marcatori genetici che potrebbero aiutare a spiegare l’associazione tra il cancro del colon-retto e la carne rossa.
Questo nuovo studio supportato dai National Institutes of Health e condotto dal USC Norris Comprehensive Cancer Center, parte della Keck School of Medicine dell’USC, ha analizzato i dati sull’assunzione di carne rossa e lavorata da 29.842 persone con cancro del colon-retto e 39.635 persone senza cancro. Ha scoperto che coloro che consumavano più carne rossa o lavorata affrontavano rispettivamente un rischio aumentato del 30 o 40% per il cancro del colon-retto. I ricercatori hanno utilizzato una combinazione di metodi standard per individuare le interazioni gene-ambiente.
“Questi risultati suggeriscono che c’è un sottoinsieme della popolazione che affronta un rischio ancora più elevato di cancro del colon-retto se mangiano carne rossa o lavorata“, ha detto la prof.ssa Mariana C. Stern
Un team di ricercatori internazionali ha condotto una revisione sistematica e una meta-analisi di studi longitudinali per identificare fattori prognostici potenzialmente nuovi che potrebbero migliorare la previsione del rischio cardiovascolare (CVD) nel diabete tipo 2. Dei 9380 studi identificati, 416 studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Sono stati riportati i risultati di 321 studi sui biomarcatori, 48 studi sui marcatori genetici e 47 studi sul punteggio/modello di rischio.
Dai risultati è emerso che i biomarcatori con tutti gli indicatori di prestazione di previsione soddisfatti in più di uno studio erano: il NT-proBNP (peptide natriuretico di tipo b N-terminale pro), la troponina T (TnT) e il calcio coronarico (CACS), con NT-proBNP che ha mostrato il valore predittivo incrementale più forte.
Bere bevande zuccherate o zuccherate artificialmente è associato ad un aumento del rischio di ritmi cardiaci irregolari, secondo uno studio pubblicato su “Circulation: Arrhythmia and Electrofisiology“.
Lo studio dell’American Heart Association ha anche scoperto che bere un litro (circa 34 once) o meno a settimana di succo puro e non zuccherato, come quello di arancia o di verdura, era associato a un minor rischio di fibrillazione atriale (AFib).
Il consumo di bevande zuccherate è stato collegato al diabete di tipo 2 e all’obesità in ricerche precedenti. Questo ampio studio sui dati sanitari condotto dalla Biobanca del Regno Unito è tra i primi a valutare un possibile legame tra bevande zuccherate o zuccherate artificialmente e fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale è una condizione in cui il cuore batte in modo irregolare, aumentando di cinque volte il rischio di ictus.
I ricercatori sulla base di questi risultati, raccomandano alle persone di ridurre o addirittura evitare le bevande zuccherate e zuccherate artificialmente quando possibile.
Microplastiche e nanoplastiche (MNP) stanno emergendo come potenziale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari negli studi preclinici.
L’ampio studio da ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine‘, prova come le placche aterosclerotiche contengano spesso micro e nanoplastiche a base di polietilene (Pe, rilevato nel 58,4% dei casi) o polivinilcloruro (o Pvc, individuato nel 12,5% dei casi), due dei composti plastici di maggior consumo nel mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate a materiali per l’edilizia.
“L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nanoplastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggior rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus” – spiega la dott.ssa Raffaele Marfella, primo autore.
Dati raccolti in vitro e negli animali da esperimento hanno già mostrato che le micro e nanoplastiche possono promuovere lo stress ossidativo e l’infiammazione nelle cellule dell’endotelio che ricopre i vasi sanguigni, ma anche che possono alterare il ritmo cardiaco e contribuire allo sviluppo di fibrosi e anomalie della funzionalità del cuore: questi risultati mostrano per la prima volta nell’uomo una correlazione fra la presenza di micro e nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare.
Il sistema immunitario rileva e uccide le cellule con mutazioni cancerose, ma alcune cellule tumorali iniziali possono eludere questa difesa.
Uno studio del MIT e del Dana-Farber Cancer Institute ha identificato una strategia che rende le cellule precancerose invisibili al sistema immunitario attivando un gene chiamato SOX17. Bloccare questo gene potrebbe offrire nuove possibilità di trattamento per i tumori allo stadio iniziale. Gli autori dello studio, che hanno pubblicato su “Nature“, sono ottimisti riguardo alla possibilità di prevenire il cancro del colon attraverso questa scoperta.
I ricercatori hanno scoperto che eliminando SOX17 negli organoidi tumorali del colon, il sistema immunitario è stato in grado di attaccare i tumori in modo più efficace. Questo suggerisce che bloccare la disattivazione di SOX17 potrebbe essere un modo per curare il cancro del colon nelle prime fasi. Inoltre, hanno osservato che SOX17 è altamente espresso nei tumori del colon in stadio iniziale, ma diminuisce quando diventano più invasivi e metastatici.
I ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano in collaborazione con altre istituzioni italiane grazie ad una nuova tecnica, sono riusciti a ‘spegnere’ il gene responsabile del colesterolo alto nei topi senza modificare la sequenza del Dna e ottenendo anche un risultato duraturo.
I ricercatori coordinati dal prof. Angelo Lombardo come descritto sulla rivista “Nature”, hanno concentrato i loro sforzi sul gene Pcsk9, che è coinvolto nella regolazione dei livelli di colesterolo nel sangue. Alcune varianti di questo gene, infatti, causano l’ipercolesterolemia familiare, una rara malattia genetica caratterizzata dal rischio elevato di infarto e ictus anche in giovane età. “In alcuni pazienti con la malattia, il gene è più attivo del normale – spiega Lombardo – e questo fa sì che le cellule del fegato non riescano a catturare in maniera efficiente il cosiddetto colesterolo ‘cattivo’, o LDL: la conseguenza è un innalzamento dei livelli di colesterolo”.
Gli autori dello studio hanno sviluppato delle molecole programmate per riconoscere e spegnere il gene Pcsk9, e le hanno incapsulate all’interno di nanoparticelle costituite da grassi, simili a quelle utilizzate anche per i vaccini anti-Covid, che gli permettono di viaggiare nel sangue e arrivare al fegato. Una sola somministrazione è stata sufficiente per silenziare il gene nei topi: “Abbiamo effettivamente confermato che Pcsk9 viene spento in modo stabile e a lungo termine”, afferma il dott. Martino Alfredo Cappelluti.
“Rispetto ad altri trattamenti pur innovativi, questo approccio potrebbe avere numerosi vantaggi, poiché si tratta di una terapia da effettuare una sola volta nella vita, che non modifica la sequenza del Dna (con tutti i rischi che questo potrebbe comportare) e con effetti potenzialmente reversibili”, commenta il prof. Lombardo. “Inoltre, la dimostrazione della sua efficacia apre la strada a terapie per altri disturbi che coinvolgono il fegato, come l’epatite B, ma anche altri organi, come il sistema nervoso centrale”.
La connessione leucina-macrofagi mTORC1 aumenta il rischio di aterosclerosi con diete ad alto contenuto proteico. Lo studio ha dimostrato che l’aumento dell’assunzione di proteine, in particolare di leucina, può attivare la segnalazione di mTORC1 nei macrofagi, aumentando così il rischio di sviluppare aterosclerosi.
Questa studio condotto dai ricercatori dell’University of Pittsburgh pubblicato sulla rivista “Nature Metabolism” sottolinea l’importanza di una dieta equilibrata e suggerisce che un eccesso di proteine, specialmente derivanti da fonti animali, potrebbe avere effetti negativi sulla salute cardiovascolare. È fondamentale mantenere un equilibrio nutrizionale adeguato per prevenire potenziali rischi per la salute legati all’assunzione di proteine.
Attualmente si raccomanda di consumare tra il 15% e il 22% delle calorie giornaliere da proteine.
“Il nostro studio mostra che aumentare l’apporto proteico nel perseguimento di una migliore salute metabolica non è una panacea. Potresti realmente danneggiare le tue arterie”, sostengono i ricercatori. “La nostra speranza è che questa ricerca avvii una conversazione su modi per modificare le diete in modo preciso che possano influenzare la funzione corporea a livello molecolare e ridurre il rischio di malattie“.
Il documento si propone come punto di partenza per quattro obiettivi: – potenziare il sistema di sorveglianza per le infezioni virali respiratorie in accordo con le indicazioni dell’Oms e dell’Ecdc; – considerare la disponibilità del nuovo anticorpo monoclonale come un’importante arma di prevenzione universale delle malattie da virus respiratorio sinciziale, che andrebbe inquadrata in termini regolatori e organizzativi alla stregua di un programma vaccinale che interessi come presidio preventivo l’intera coorte di nuovi nati; – considerare che i nuovi vaccini contro l’RSV oggi disponibili rappresentano un’opzione preventiva innovativa nei confronti di un bisogno medico ad oggi insoddisfatto; – prevedere di inserire la vaccinazione contro l’RSV nel calendario vaccinale, raccomandando la vaccinazione negli adulti >60 anni di età con co-morbosità e negli anziani >75 anni di età.
Un nuovo test delle feci sembra rilevare i precursori del cancro del colon-retto meglio del test attuale. Ciò potrebbe ridurre ulteriormente il numero di nuovi casi di cancro del colon-retto, nonché il numero di persone che muoiono a causa della malattia. Uno studio condotto dal Netherlands Cancer Institute ha confrontato entrambi i test. I risultati sono stati pubblicati su “The Lancet Oncology“.
La maggior parte dei programmi di screening a livello di popolazione utilizzano il test immunochimico fecale (FIT), un esame delle feci che misura la presenza della proteina emoglobina nel sangue. “L’attuale test funziona bene, ma lascia margini di miglioramento“, afferma il dott. Gerrit Meijer, del Netherlands Cancer Institute.
Il nuovo test: testFIT multitarget (mtFIT) misura l’emoglobina e due proteine aggiuntive. I ricercatori hanno pubblicato i risultati di uno studio prospettico molto più ampio che ha confrontato il mtFIT con il FIT attuale in oltre 13.000 partecipanti al programma nazionale olandese di screening basato sulla popolazione. Lo studio è stato un successo. “Il nuovo test può rilevare i precursori del cancro in modo più efficace“, spiega Meijer. “I nostri risultati prevedono che il test può ridurre il numero di nuovi casi di cancro del colon-retto e la mortalità che ne deriva”. Per i partecipanti, il nuovo test è facile da usare quanto il test attuale. Il nuovo test ha prodotto risultati più positivi rispetto al test attuale.
L’implementazione di mtFIT nei programmi di screening esistenti basati su FIT sarà relativamente semplice perché entrambi i test richiedono sostanzialmente la stessa logistica di screening.
L’olio di sandalo, estratto dal cuore degli alberi di sandalo (santalum album), è stato utilizzato per secoli da diverse culture in tutto il mondo per profumi, saponi, incenso e candele.
Questo olio naturale è noto per i suoi benefici per la salute e le sue applicazioni medicinali, dalle proprietà antibatteriche a quelle anticancro grazie ai suoi costituenti fitochimici. Oltre a contenere esteri, acidi liberi, aldeidi, chetoni e santenone, l’olio di sandalo costituisce principalmente (90 percento o più) il santalolo – quantità uguali di due composti, alfa e beta-santalolo.
I ricercatori della Florida Atlantic University hanno dimostrato in vivo le proprietà chemiopreventive dell’alfa-santalolo contro lo sviluppo del cancro alla prostata utilizzando un modello murino transgenico. I risultati dello studio hanno mostrato che l’amministrazione di alfa-santalolo ha ridotto l’incidenza dei tumori alla prostata diminuendo la proliferazione cellulare e inducendo l’apoptosi, senza causare perdita di peso o effetti collaterali evidenti.
Ulteriori studi sono essenziali per esplorare sistematicamente la fattibilità dell’alfa-santalolo come promettente agente chemiopreventivo e antitumorale contro lo sviluppo del cancro alla prostata umano.
Le nuove raccomandazioni pubblicate dall’American Dental Association mirano a migliorare la protezione dalle radiazioni nella radiografia dentale e nella tomografia computerizzata a fascio conico (CBCT). Fisici medici della Food and Drug Administration (FDA) hanno supportato lo sviluppo di queste raccomandazioni, le prime sulla sicurezza dell’imaging dentale e sulla protezione dalle radiazioni dal 2012.
Dopo aver esaminato studi pubblicati, gli esperti hanno stabilito che grembiuli di piombo e collari tiroidei non sono necessari per proteggere i pazienti dall’esposizione alle radiazioni. Queste raccomandazioni si applicano a tutti i pazienti, indipendentemente dall’età o dallo stato di salute (come la gravidanza).
Le evidenze indicano che le moderne attrezzature per radiografie digitali e il restringimento delle dimensioni del fascio solo all’area che deve essere immaginata proteggono meglio i pazienti dall’esposizione alle radiazioni in altre parti del corpo. Grembiuli di piombo e collari tiroidei possono anche bloccare il fascio primario di raggi X, impedendo ai dentisti di catturare l’immagine di cui hanno bisogno.
Le raccomandazioni consigliano anche ai dentisti di proteggere i pazienti da esposizioni non necessarie alla radiazione, ordinando radiografie come i raggi X per ottimizzare le informazioni diagnostiche e migliorare gli esiti dell’assistenza ai pazienti, facendo ogni sforzo per utilizzare immagini acquisite durante esami dentali precedenti; utilizzando immagini digitali invece della pellicola convenzionale per i raggi X.
Gli uomini che migliorano la propria forma fisica potrebbero ridurre il rischio di sviluppare il cancro alla prostata, secondo una ricerca svedese.
Lo studio ha coinvolto 57.652 uomini i cui livelli di fitness cardiorespiratorio sono stati testati almeno due volte in un periodo di sette anni. I risultati indicano che coloro il cui fitness è migliorato di almeno il 3% all’anno avevano il 35% in meno di probabilità di sviluppare il cancro alla prostata rispetto a coloro il cui fitness è diminuito nel tempo.
Sebbene questo studio sia osservazionale e non possa dimostrare che i livelli di forma fisica causano il cambiamento nel rischio di cancro alla prostata, i ricercatori affermano che i loro risultati mostrano che lavorare sulla propria forma fisica potrebbe aiutare a ridurre il rischio di cancro alla prostata.
In uno nuovo studio, i ricercatori del Massachusetts Eye and Ear Infirmary, hanno combinato l’imaging retinico OCT, la genetica e i big data per stimare quanto sia probabile che una persona sviluppi malattie oculari e sistemiche in futuro. Hanno trovato significative associazioni tra l’assottigliamento di diverse strutture retiniche e un aumento del rischio di sviluppare malattie oculari, neuropsichiatriche, cardiache, metaboliche e polmonari, e hanno identificato geni associati allo spessore delle strutture retiniche. La loro speranza è che un giorno ai pazienti possa essere fornita una valutazione del rischio più personalizzata e che vengano indirizzati a specialisti per piani preventivi e di trattamento per malattie oculari e altre.
“Il nostro studio ha dimostrato che le immagini della retina possono essere utilizzate per prevedere il rischio futuro di malattie oculari e sistemiche. Questo potrebbe aiutare nella prevenzione delle malattie, consentendo di indirizzare le persone a screening o trattamenti preventivi se si riscontra un alto rischio di sviluppare glaucoma o malattie cardiovascolari”– affermano i ricercatori.
“Abbiamo anche identificato associazioni tra la salute della retina e il rischio di malattie, nonché i geni associati alla salute della retina. Inoltre, abbiamo identificato 259 loci genetici associati allo spessore retinico. I nostri risultati suggeriscono che l’uso delle immagini OCT della retina potrebbe essere esteso, e stiamo lavorando per comprendere meglio l’utilità clinica della connessione tra la salute oculare e cardiometabolica”.
Le vaccinazioni hanno salvato e continueranno a salvare milioni di persone ogni anno in tutto il mondo. Questo documento sintetico contiene le indicazioni SItI – Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica per la migliore organizzazione delle attività vaccinali in Italia ed è costruito secondo cinque principi ispiratori: – l’importanza di garantire servizi vaccinali di qualità; -il rispetto del principio dell’equità e quindi il raggiungimento di tutte le persone e le popolazioni, con particolare attenzione alle più svantaggiate: – la centralità della persona e quindi la necessità di costruire l’offerta vaccinale progettandola con la comunità e i suoi rappresentanti; – la garanzia della sicurezza vaccinale; – la garanzia dell’appropriatezza vaccinale.
Scarica e leggi il documento in full text: BUONE PRATICHE VACCINALI PER L’ITALIA SItI – Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica
La capsula spugna, nota come pillola sul filo, è un test rapido e semplice per l’esofago di Barrett, una condizione che può essere un precursore del cancro.
Lo studio BEST4 lanciato dall’ospedale di Addenbrooke è il passo finale per verificare se la capsula-spugna può prevenire il cancro esofageo se utilizzata per lo screening o il monitoraggio dei soggetti più a rischio di malattia. Se così fosse, potrebbe diventare un programma di screening nazionale in tutto il servizio sanitario nazionale inglese, nello stesso modo in cui le mammografie vengono utilizzate per lo screening del cancro al seno.
Il professor Fitzgerald ha dichiarato: “La capsula spugna, un test rapido e semplice per l’esofago di Barrett, potrebbe dimezzare il numero di decessi per cancro esofageo ogni anno. I casi di cancro all’esofago sono aumentati di sei volte rispetto agli anni ’90“. “La prima fase della sperimentazione esamina se la capsula spugna può essere utilizzata come sistema di allarme precoce del cancro per i pazienti con diagnosi di Barrett. Utilizzando la spugna per capsule e una nuova serie di test di laboratorio, monitoreremo i pazienti per vedere se possiamo prevenire più casi di cancro”.
L’esofago di Barrett è attualmente identificato tramite un’endoscopia e una biopsia in ospedale a seguito di una richiesta dal medico di famiglia. È una procedura dispendiosa in termini di tempo, spiacevole e piuttosto invasiva per i pazienti, oltre ad essere costosa per il sistema sanitario.
La capsula-spugna è una capsula piccola, facile da deglutire, fissata su un filo, che contiene una spugna. Il paziente ingoia la capsula che si dissolve nello stomaco e la spugna si espande fino alle dimensioni di una moneta da 50 centesimi.
La spugna viene tirata su con attenzione utilizzando lo spago, raccogliendo le cellule per i test di laboratorio. Il test dura solo 10 minuti e può essere eseguito in uno studio del medico di famiglia (video).
Un nuovo studio migliora la comprensione di come le sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino influenzano il rischio di cancro al seno.
I ricercatori del Silent Spring, hanno sviluppato un modo rapido per prevedere se una sostanza chimica potrebbe causare il cancro al seno, basandosi sulle caratteristiche della sostanza stessa. Questo studio fornisce agli enti regolatori e ai produttori una guida per identificare rapidamente le sostanze chimiche potenzialmente dannose e trovare alternative più sicure.
I ricercatori hanno identificato un totale di 921 sostanze chimiche che potrebbero favorire lo sviluppo del cancro al seno. Il 90% delle sostanze chimiche sono quelle a cui le persone sono comunemente esposte nei prodotti di consumo, negli alimenti e nelle bevande, nei pesticidi, nei farmaci e nei luoghi di lavoro.
Più della metà delle sostanze chimiche induce le cellule a produrre più estrogeni o progesterone fattori di rischio accertato per il cancro al seno e circa un terzo attiva il recettore degli estrogeni. “Il cancro al seno è una malattia ormonale, quindi il fatto che così tante sostanze chimiche possano alterare gli estrogeni e il progesterone è preoccupante“, afferma la prof.ssa Kay.
Gli autori dello studio sperano che il loro elenco di sostanze chimiche possa informare il piano dell’EPA (U.S. Environmental Protection Agency (EPA) e proteggere meglio il pubblico dalle esposizioni dannose.