I ricercatori della Purdue University e dell’Indiana University School of Medicine, hanno scoperto che una neurotossina nota può causare dolore cronico in persone che soffrono di paralisi. Un farmaco si è dimostrato capace di rimuovere la tossina e potrebbe essere usato per trattare il dolore.
La tossina, chiamata acroleina, è prodotta nel corpo dalle cellule nervose dopo lesione, e innesca una cascata di eventi biochimici che peggiorano la gravità della lesione. Il farmaco idralazina, che è stato approvato dalla US Food and Drug Administration per l’ipertensione, ha dimostrato la sua efficacia nel ridurre i livelli di acroleina nel corpo.
Si chiama Doveecomemicuro.it, contiene i dati di 1.233 strutture sanitarie italiane censite in base a 50 indicatori, con il posto migliore dove curarsi. Il portale, edito da Formex srl di Milano, è coordinato da Walter Ricciardi, Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica del Gemelli insieme ad altri ricercatori ed esperti.
In Italia mancava finora un database informativo destinato ad orientare le scelte dei cittadini in ambito sanitario.
“Dal 25 ottobre scorso – in virtù della direttiva europea (2011/24/Ue) – ogni cittadino dell’Unione può decidere liberamente di ricevere assistenza sanitaria in ciascuno dei Paesi membri” – ha ricordato il professore Ricciardi della Cattolica -. È chiaro che, per scegliere il luogo dove curarsi, un cittadino dovrebbe avere accesso ad informazioni chiare, rigorose e tempestive sulla qualità dei servizi offerti (quelli che giustificano il sacrificio di spostarsi da casa propria per avere cure adeguate) sia ospedalieri, sia ambulatoriali e domiciliari“. (Approfondisci)
I ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia, IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ e dell’Università di Milano hanno eseguito una meta-analisi di articoli pubblicati dal 1996 al 2012 (16 studi e 3.153 casi), rilevando che l’assunzione di caffè abbassa il rischio di tumore al fegato.
Una tazzina di caffè al giorno sembrerebbe ridurre mediamente il rischio del 40 per cento, un rischio che si è stimato possa diminuire ulteriormente (oltre il 50 per cento) nei casi in cui si consumano tre tazzine al giorno.
Questi risultati non devono invogliare a un consumo esagerato di caffe’, ma sono importanti perche’ possono portare alla scoperta delle molecole protettive che esso contiene, probabilmente antiossidanti come i diterpeni. “Il consumo di caffe’, afferma Tavani, e’ associato a riduzione di rischio della cirrosi: infatti, maggiore e’ il consumo della bevanda nera, minore la presenza della gamma-glutamil transferasi (GGT), un indicatore della malattia. Questa associazione tra consumo di caffe’ e protezione epatica e’ particolarmente evidente in soggetti ad alto rischio cirrosi, come i forti bevitori di alcolici.
Una collaborazione tra l’Università Statale di Milano e l’Ospedale San Raffaele, che ha guidato lo studio, dimostra la capacità delle cellule della pelle di trasformarsi in cellule cerebrali biologicamente utili in trapianti sperimentali in modelli animali di sclerosi multipla.
Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Al centro dello studio, condotto su alcuni modelli murini di sclerosi multipla, c’è la riprogrammazione cellulare, ovvero l’insieme di quei processi (guidati dall’esposizione a un cocktail di diverse molecole) che permettono a una cellula di cambiare lavoro, trasformandosi in qualcosa che svolge funzioni differenti da quelle originarie. In particolare i ricercatori hanno trasformato delle cellule della pelle in staminali embrionali e quindi in staminali del cervello, che una volta iniettate nei modelli sperimentali della malattia possono aiutare a recuperare i danni mielinici collegati alla sclerosi multipla.
E’ stata individuata grazie ad uno studio dei ricercatori italiani dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, e dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, una possibile causa del diabete di tipo 1 (giovanile) e quindi anche una potenziale soluzione preventiva da mettere in atto nei primi giorni di vita dei bambini a rischio di ammalarsi. Si tratta della carenza di una famiglia di molecole, le carnitine.
“Abbiamo scoperto che i nuovi nati con basse concentrazioni di carnitine nel sangue, sviluppano in seguito la malattia“. Afferma il prof. Bottazzo uno degli autori dello studio.”Bassi livelli di carnitina alla nascita, potrebbero predisporre al diabete 1 in quanto le carnitine servono ad eliminare cellule immunitarie autoreattive normalmente presenti nel timo (ghiandola che scompare crescendo) dei neonati. Se la loro morte non avviene prestissimo, queste cellule entrano nel circolo sanguigno, si annidano nei linfonodi e, se attivate, causano il diabete” – spiega Bottazzo.
Ora si pensa di attivare una sperimentazione clinica (trial) in cui si somministra per i primi giorni di vita del bebè a rischio diabete un biberon con integratori di carnitina per vedere se questo intervento precocissimo consente di prevenire la malattia.
Una variante genetica comune che colpisce 1 persona su 3 aumenta significativamente il rischio di cancro del colon-retto per chi consuma carne rossa o carne lavorata, secondo uno studio presentato all’ American Society of Human Genetics 2013 Meeting, il più grande raduno di genetisti nel mondo.
Oltre a identificare un gene che aumenta il rischio di cancro del colon-retto per chi mangia carni rosse o trasformate, lo studio – il primo ad identificare le interazioni dei geni con la dieta su scala genomica – rivela anche un’altra variante genetica specifica che sembra modificare e ridurre il rischio di cancro al colon-retto per chi mangia più verdure, frutta e fibre.
I ricercatori hanno cercato sistematicamente in oltre 2,7 milioni di sequenze genetiche le interazioni con il consumo di carne rossa e trasformati. Lo studio ha esaminato 9.287 pazienti con tumore del colon-retto e un gruppo di controllo di 9117 persone senza cancro.
La variante genetica individuata nello studio si chiama: rs4143094. Questa variante si trova sullo stesso cromosoma 10 che comprende GATA3, un fattore di trascrizione genica precedentemente legato a diverse forme di cancro. Il fattore di trascrizione codificato da questo gene normalmente gioca un ruolo importante nel sistema immunitario.
I ricercatori ipotizzano che la digestione di carne lavorata può promuovere una risposta immunologica o infiammatoria che può innescare lo sviluppo del tumore. Il fattore di trascrizione GATA3 normalmente dovrebbe sopprimere la risposta immunitaria o infiammatoria. Tuttavia, se la regione del gene GATA3 contiene una variante genetica 8rs4143094, esso può codificare un fattore di trascrizione disregolato che va contro la sua capacità di sopprimere la risposta.
Gli scienziati hanno scoperto un nuovo indizio fondamentale sul perché alcune persone sono in grado di controllare per lungo tempo virus HIV senza prendere farmaci antivirali.
Credit image: Northwestern University ‘One percent of people can control HIV without medication. Scientist found that these individuals have an abundance of a particular protein that keeps the virus from invading cells, as it has in the picture above’.
Questi rari individui che non richiedono farmaci hanno una porzione extra di un certo tipo di proteina immunitaria che blocca la diffusione delll’HIV all’interno del corpo, trasformandola in un qualcosa di impotente e innocuo che non infetta altre cellule.
Ci sarebbe quindi una proteina in grado di dare una sorta di “immunità” nei confronti della malattia. E’ come se il sistema immunitario di alcune persone mettesse in atto uno strumento di difesa.
Si tratta della proteina chiamata A3 o Apobec3g. Il team di ricercatori della Northwestern University, che ha pubblicato il lavoro sulla rivista “Plos One“, avrebbe intenzione di giungere allo sviluppo di un farmaco in grado di aumentare questa proteina immunitaria.
Il diabete influenza i meccanismi neuropatologici cerebrali aumentando la suscettibilità ai danni neurodegenerativi o vascolari. Ad affermarlo uno studio condotto all’Icahn School of Medicine e al Mount Sinai Hospital di New York e pubblicato sulla rivista “Diabetes“.
“Il nostro studio fornisce per la prima volta una spiegazione epigenetica del rischio aumentato che i diabetici hanno di sviluppare demenza“, afferma Giulio Maria Pasinetti Professore Ordinario di Neurologia all’Icahn School of Medicine. “Questa è una prova estremamente interessante, dato che circa il 60 per cento dei pazienti con malattia di Alzheimer hanno almeno una grave condizione medica associata al diabete“.
Alcune persone nascono con mutazioni genetiche che rallentano i loro tassi di metabolismo, a dirlo un nuovo studio dei ricercatori dell’Università di Cambridge. Più lento è il tasso metabolico più l’obesità è grave.
Questa è la prima volta gli scienziati sono stati in grado di trovare i geni che rallentano il metabolismo e influenzano l’elaborazione delle calorie. La mutazione di un gene chiamato KSR2 può causare continui attacchi di fame nei pazienti obesi, così come rallentare il loro metabolismo. Nello studio sono state analizzate le sequenze di DNA di oltre 2.000 pazienti gravemente obesi.
“Fino ad ora, i geni che abbiamo identificato per il controllo del peso corporeo sono in grado di influenzare l’appetito. Tuttavia, KSR2 è differente in quanto svolge un ruolo nella regolazione di come l’energia viene utilizzata nel corpo. Nel futuro, la modulazione di KSR2 può rappresentare una strategia terapeutica utile per l’obesità e il diabete di tipo 2“. Afferma il prof. Farooqi che assieme al suo team di ricerca ha pubblicato il lavoro sulla rivista “Cell“.
Un nuovo promettente approccio può portare a nuovi trattamenti per le malattie oculari comuni come la degenerazione maculare neovascolare e la retinopatia diabetica. Ad affermarlo uno studio pubblicato sulla rivista “Journal of Clinical Investigation” e condotto dai ricercatori del The Scripps Research Institute (TSRI) in California in collaborazione con l’University of California, San Diego.
Gli studi hanno coinvolto le azioni dei microRNA, piccoli pezzi di RNA che una volta erano considerati “spazzatura”, ma sono ormai noti per l’attivazione dei geni. I ricercatori hanno dimostrato che il trattamento di topi con brevi filamenti di RNA che colpiscono con precisione e inibiscono i microRNA (“antimicroRNAs”) possono fermare la crescita aberrante dei vasi sanguigni (“neovasi”).
E ‘questa proliferazione anormale dei vasi che aggrava la perdita della vista nelle malattie degli occhi come la degenerazione neovascolare “umido” maculare e la retinopatia diabetica, due tra le principali cause di cecità.
“Crediamo che il targeting di inibire l’azione dei microRNA coinvolti potrebbe rappresentare un modo nuovo ed efficace per il trattamento di una vasta gamma di malattie oculari“, ha detto il professor Martin Friedlander, autore senior dello studio. “Siamo entusiasti di questo approccio che permette di arrestare la crescita anormale dei vasi sanguigni senza indurre effetti collaterali“.
La tecnica molto promettente per il trattamento della malattia dell’occhio umano si è dimostrato efficace in studi preclinici, ora passerà in clinica.
La US Food and Drug Administration ha approvato un nuovo antidolorifico che contiene un potente narcotico Zohydro ER (idrocodone bitartrato capsule a rilascio prolungato) per la gestione del dolore grave.
L’approvazione si basa sui risultati ottenuti da studi su più di 1.100 persone con dolore cronico e i risultati di efficacia da uno studio di più di 500 pazienti con lombalgia cronica. Questo studio ha trovato che coloro che hanno preso il farmaco hanno avuto significativi miglioramenti nel dolore rispetto a quelli che hanno preso un placebo, secondo la FDA. Non è approvato per il sollievo dal dolore al bisogno.
L’FDA afferma che il produttore del farmaco dovrà condurre studi (in corso) per valutare i gravi rischi di un uso improprio, abuso e overdose a seguito di una somministrazione prolungata (oltre le 12 settimane).
Dall’ISS – Istituto Superiore di Sanità segnaliamo il Notiziario Volume 26, n. 9 – Settembre 2013.
I contenuti:
Studio della distribuzione geografica delle nefropatie nell’area di Taranto: obiettivi e metodologia;
Protocollo di diagnosi dell’epatite E per le strutture del Servizio Sanitario Nazionale;
Rapporto annuale sulla legionellosi in Italia nel 2012;
BEN (Bollettino Epidemiologico Nazionale).
E’ stato pubblicato anche Il Volume 26, n. 3 Marzo, Supplemento 1 dal titolo”Accesso alle cure della persona straniera: indicazioni operative“. Il documento pubblicato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e di esperti legali, in collaborazione con il Ministero della Salute e con gli specialisti in editoria scientifica e grafica del Settore Attività Editoriali dell’ISS, è una guida operativa sull’accesso alle cure dei migranti.
Il glioblastoma è particolarmente resistente alle attuali chemioterapie, che non riescono a eliminare le Cancer Stem Cell (CSCs), quella frazione di cellule responsabili di origine, progressione e ricorrenza del tumore.
I risultati dello studio hanno quindi identificato CLC1 come un nuovo possibile target terapeutico nel glioblastoma, mentre restano ancora necessari ulteriori studi per identificare il meccanismo con cui CLC1 partecipa allo sviluppo del tumore cerebrale.
Sono state aggiornate a cura dell’American College of Physician le linee guida sulle malattie renali croniche stadio da 1 a 3. (stadio 1= danno normale o aumentato, stadio 3=riduzione moderata della funzione renale).
Il documento presenta raccomandazioni evidence-based per lo screening, il monitoraggio e il trattamento degli adulti con malattia renale cronica (CKD).
I principali fattori di rischio per CKD includono il diabete, l’ipertensione e le malattie cardiovascolari. L’evidenza attuale è insufficiente per valutare i benefici e i rischi dello screening negli adulti asintomatici con fattori di rischio.
Sono state aggiornate a cura del World Medical Association (WMA) le linee guida per la sperimentazione clinica (Dichiarazione di Helsinki – 7° revisione 2013).
Sono diverse le modifiche apportate all’edizione del 2013; il documento è finalizzato a fornire indicazioni sulla conduzione della ricerca medica che coinvolge gli esseri umani.
Le persone con valori di glicemia più alti della media, anche in assenza di malattie come il diabete di tipo 2, rischiano di avere dei problemi di memoria. Ad affermarlo uno studio dell’ University of Halle, Germania svolto in collaborazione con la FAcoltà di medicina della Charitè di Berlino.
La ricerca attraverso dei test è stata condotta su 141 persone con età media di 63 anni senza diabete o pre-diabete.
“I risultati suggeriscono che, anche in assenza di glicemie patologiche, tenere i livelli di glucosio nel sangue più bassi possibile, riducendo l’apporto calorico e aumentando l’attività fisica, potrebbe essere una strategia promettente per prevenire o rallentare il declino mnemonico e cognitivo legato all’età“. – afferma lo psichiatra Rujescu, uno degli autori dello studio pubblicato sulla rivista “Neurology“.
I ricercatori della Columbia University Medical Center coordinati dal dott. David Brenner hanno scoperto che uno spettro di luce ultravioletta (UV) potrebbe ridurre in modo drastico le infezioni chirurgiche in sala operatoria senza danneggiare i tessuti.
“Sappiamo che la luce Uv di una lampada germicida, che emette un ampio spettro di lunghezze d’onda, da 200 a 400 nanometri (nm), è un efficace battericida. Ma purtroppo danneggia i tessuti e può portare al cancro della pelle e alla cataratta oculare” spiega il dott. Brenner. “Per questo non è quasi mai utilizzata in sala operatoria“.
Dagli esperimenti condotti la luce Uv a spettro ristretto, 207 nm, distrugge i batteri senza ledere i tessuti.
“La luce Uv a questa lunghezza d’onda è assorbita dalle proteine, ed è quindi sicura per due motivi: a livello cellulare non raggiunge il nucleo, e a livello tissutale non raggiunge le cellule sensibili dell’epidermide e dell’occhio. Ma siccome i germi sono molto più piccoli delle cellule umane, la luce Uv a 207 nm raggiunge il loro Dna uccidendoli“.
“Se i test in vivo in corso confermeranno i risultati, una fonte di luce puntata sul campo chirurgico potrebbe prevenire le infezioni a costi abbordabili” – conclude il ricercatore.
I ricercatori della Cleveland Clinic hanno presentato nel corso del Congresso dell’American College of Gastroenterology (ACG 2013) che si è tenuto ad ottobre a San Diego, i risultati di uno studio secondo il quale i livelli del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) presenti nella bile aspirata del pancreas consentono di determinare con precisione se è presente il cancro al pancreas.
I livelli biliari mediani di VEGF erano sensibilmente elevati in pazienti (nello studio n. 53) con cancro al pancreas rispetto ai casi di problemi comuni ai dotti biliari.
“Un valore soglia di VEGF di 0,5 ng/ml distingueva il cancro pancreatico dal colangiocarcinoma; questo valore presenta una sensibilità del 93% e una specificità dell’89%” – afferma il dott. Udayakumar Navaneethan uno degli autori dello studio pubblicato sulla rivista ‘Digestive Diseases & Science‘.
Una nuova ricerca del Buck Institute in California, afferma che sono possibili nuovi trattamenti mirati all’interazione tra ApoE4 e le proteine SirT1 (Sirtuin1). Il fine è quello di sviluppare dei trattamenti preventivi per l’Alzheimer nelle persone geneticamente predisposte alla malattia.
Gli scienziati avevano già identificato una proteina che trasporta il colesterolo, chiamata ApoE4, come un importante fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer. Ora dallo studio si ritiene molto importante il legame tra ApoE4 e SirT1 – una proteina anti-invecchiamento associata alla longevità. ApoE4 influenza beta-amiloide (A-beta), una placca che si accumula nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer (Approfondimento).
“Questa ricerca offre un nuovo tipo di schermata per la prevenzione e il trattamento di Alzheimer. Uno dei nostri obiettivi è quello di individuare un trattamento non tossico sicuro che potrebbe essere dato a chi porta il gene ApoE4 per prevenire lo sviluppo del morbo di Alzheimer.” Afferma il prof. Rammohan Rao, uno degli autori.
E’ stato dimostrato che il resveratrolo, un composto presente nel vino rosso, è un attivatore Sirtuin T1. Lo studio ha analizzato ApoE4 e la sua influenza nella riduzione di SirT1.
I ricercatori del Columbia University Medical Center (CUMC) hanno sviluppato un metodo contro calvizie ed alopecia per indurre la crescita di capelli, piuttosto che semplicemente ridistribuirli da una parte all’altra della testa: si tratta della prima volta in assoluto.
La tecnica è incentrata sul comportamento delle cellule papilla che costituiscono i follicoli dei capelli. L’idea di usare le cellule della papilla dermica per la crescita dei capelli nei casi di alopecia e calvizie è vecchia di circa 40 anni, ma la difficoltà di metterla in pratica era dovuta al fatto che questo tipo di cellule una volta messe in coltura perdono la loro specializzazione diventando semplici cellule del derma. Ora i risultati sembrano molto promettenti.
E’ nato un nuovo portale ANSA Salute & Benessere Bambini, la nuova pagina ANSA tutta dedicata ai bambini. Il portale fornisce un aggiornamento quotidiano su tutte le novità che riguardano la salute dei primi anni di vita.
Presentazione del nuovo canale web “Salute e benessere – Bambini
“Questa iniziativa in linea con la missione istituzionale della SIP, nasce dalla necessità di favorire una corretta informazione sui temi della salute in età pediatrica, anche in chiave di prevenzione, attraverso un canale informativo qualificato a disposizione delle famiglie”, afferma il Presidente della SIP Giovanni Corsello.
L’American Academy of Pediatrics ha provveduto ad aggiornare le valutazioni sul rapporto rischio-beneficio dei farmaci usati durante l’allattamento e le implicazioni nella salute della madre e del bambino.
Informazioni aggiornate e complete si possono trovare nel database LactMed su ToxNet, una raccolta di farmaci, fitofarmaci, e integratori alimentari che possono interferire con l’allattamento.
E’ la L-Prolina, un amminoacido, uno dei tanti ‘mattoni’ che compongono le proteine cellulari che riesce a modificare il comportamento delle cellule staminali pluripotenti, dando loro la capacità di muoversi e di invadere i tessuti generando metastasi.
Lo studio ha dimostrato che il ruolo chiave nella regolazione della motilità/invasività cellulare di L-Prolina è legato alla sua capacità di indurre particolari cambiamenti epigenetici che modificano l’espressione genica.
La ricerca pubblicata su “Stem Cell Report“, è opera dei ricercatori degli Istituti di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” (Igb-Cnr) di Napoli, del “Mauro Picone” (Iac-Cnr) di Roma e del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l’Institute of Molecular Oncology Foundation (Ifom) di Milano.
“Il fatto che un aminoacido sia in grado di modificare il profilo epigenetico di una cellula staminale e trasformare profondamente il suo comportamento è una scoperta entusiasmante” – afferma la dott.ssa Minchiotti uno degli autori. “Il fatto importante è che questo fenomeno non è innescato da alterazioni genetiche o da un fattore di crescita, bensì dalla proprietà dell’aminoacido L-Prolina di modificare l’espressione dei geni, senza alterare, mutare né modificare la sequenza del DNA delle cellule. Si aprono nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi che sono alla base della progressione tumorale” – conclude la ricercatrice.
Sono stati pubblicati sulla rivista New England Journal Medicine i risultati dello studio clinico in fase III MPACT (Metastatic Pancreatic Adenocarcinoma Clinical Trial) sull’utilizzo del farmaco nab™ paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle) in combinazione con gemcitabina su 861 pazienti.
“Dopo tanti anni di insuccessi questo studio clinico riveste un’importanza significativa“. Questo nuovo farmaco (paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle), sta dando dei vantaggi importanti e rappresenta un vero passo avanti nella ricerca. La somministrazione della combinazione nab paclitaxel-gemcitabina – ha affermato il dott. Siena Direttore della Divisione Oncologia dell’Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano – ha dimostrato di poter prolungare significativamente la sopravvivenza e il tempo libero da progressione, ma anche di poter ottenere questo risultato con una tossicità accettabile”.
Questi risultati hanno portato all’approvazione da parte dell’agenzia statunitense Food and Drug Administration di nab™ paclitaxel (ABRAXANE), in combinazione con gemcitabina (nostro post del 7 settembre 2013); ora si attendono le autorizzazioni da parte dell’AIFA per averlo a disposizione per questa patologia. Il prodotto è già disponibile per il cancro al seno e al polmone.
Il documento definisce il modus operandi delle operazioni di chirurgia estetica più praticate ossia: blefaroplastica; lifting del volto; addominoplastica; otoplastica; mastoplastica additiva; rinoplastica; lipoaspirazione; lifting/dermolipectomia della regione mediale delle cosce; mastopessi; mastoplastica riduttiva; ginecomastia (riduzione del seno maschile); chirurgia plastica estetica dei glutei.