Grazie alla tecnica di sequenziamento rapido del dna applicata al genoma fetale sarà possibile identificare fino all’80% delle patologie genetiche. Una amniocentesi (e villocentesi) di ultima generazione messe a punto dai ricercatori dell‘Italian College of Fetal Maternal Medicine (Sidip), che sulle pagine del Journal of Prenatal Medicine presentano le nuove tecniche di diagnosi prenatali, le Next generation prenatal diagnosis (Ngpd).
“E’ una tecnica in uso per lo studio delle malattie genetiche. La novità è che mentre prima si eseguiva la diagnosi di una malattia genetica per volta, oggi con la Ngpd vi è la possibilità di verificare simultaneamente centinaia di patologie. Abbiamo provato ad applicare per primi la Ngpd alla diagnosi prenatale in utero ed è stata una scoperta eccezionale, senza precedenti. Ora il dna fetale è svelato” – afferma il ricercatore Alvaro Mesoraca. “La Ngpd prevede lo studio di circa 300 geni che sono alla base della maggior parte delle malattie genetiche rilevabili in utero: patologie cardiovascolari, scheletriche, malformative, neurologiche“.
L’analisi è effettuata dall’11/ma alla 16/ma settimana di gestazione. Il rischio di abortività connesso, precisano i ricercatori, è da 0,1% a 0,2%. Attualmente, la super amniocentesi è già effettuata in alcuni centri privati italiani, un migliaio gli esami già praticati, mentre il costo è di circa 1.500 euro, il doppio rispetto ad un’amniocentesi tradizionale.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’University of Cambridge, condotto su circa 14.000 madri ha evidenziato che coloro che allattano al seno il proprio piccolo hanno una riduzione (oltre il 50%) del rischio di depressione post-parto. Al contrario, però, nelle donne che vogliono nutrire autonomamente i propri figli ma che non ci riescono per complicazioni fisiche, la probabilità di soffrire di depressione raddoppia, secondo lo studio.
“L’allattamento al seno ha benefici ben definiti per i bambini, in termini di salute fisica e sviluppo cognitivo; il nostro studio dimostra che c’è un effetto ‘protettivo’ per le madri. Ed è un beneficio che aumenta per ogni mese di attività, fino a un anno di durata complessiva”. Perché, in questo caso, durante la produzione di latte materno, vengono stimolati nelle donne gli ‘ormoni del buon umore’ e lo stress si riduce” – afferma la dott.ssa Maria Iacovou.
Sono state pubblicate dall’American Heart Association le linee guida sulla diagnosi e trattamento della malattia cardiaca fetale.
The new guidelines take into account the latest developments in advanced imaging technologies.
“Abbiamo creato queste linee guida per fornire a cardiologi pediatrici, ostetriche, specialisti fetali materni, radiologi, infermieri e altri operatori sanitari i più recenti sviluppi nel settore della cardiologia fetale,” spiega il Dott. Maria T. Donofrio.
Secondo le nuove raccomandazioni, le donne in gravidanza con fattori di rischio specifici devono procedere ad all’ecocardiografia fetale, che esamina il cuore del feto utilizzando onde sonore.
Sono state pubblicate a cura delle Società Scientifiche Italiane di Microbiologia Clinica (AMCLI), di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), di Neonatologia (SIN), di Pediatria (SIP), e l’Associazione Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Sessualmente Trasmissibili (SIMAST), nell’ambito dei percorsi diagnostico-assistenziali in Ostetricia-Ginecologia e Neonatologia le linee guida sulle infezioni da Chlamydia trachomatis.
Il documento è sicuramente di grande importanza per l’ostetrico e/o l’infettivologo che debba fornire “il counseling” alla gravida e monitorarne la gestazione e per l’ostetrico nella programmazione delle modalità del parto.
Nel 2011, in Italia, si sono registrati 2084 decessi di bambini sotto i 5 anni di vita. Poco più di un secolo prima, nel 1887, se ne contavano 399.505. Si è passati cioè da 347 decessi per mille nati vivi a circa 4 per mille.
Secondo i dati statistici pubblicati dall’ISTAT, oggi il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5 anni in Italia è inferiore a quello medio europeo e a quello degli Stati Uniti.
Nel 2011, in Italia, l’85% dei decessi sotto i 5 anni avviene nel primo anno di vita e la metà delle morti si concentra nei primi sette giorni.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha costituito una task force per l’iperbilirubinemia neonatale che basandosi su esperienze nazionali e internazionali ha elaborato delle Raccomandazioni al fine di uniformare l’approccio diagnostico e terapeutico all’iperbilirubinemia neonatale in Italia.
L’iperbilirubinemia neonatale costituisce il problema più frequente che ogni neonatologo si trova ad affrontare nella pratica quotidiana. Circa il 60% di tutti i nati presenta un ittero visibile e pone problemi diagnostici e terapeutici.
L’ISTAT ha pubblicato i dati del bilancio demografico della popolazione residente sono stati 534.186 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2012, oltre 12 mila in meno rispetto al 2011. Il dato conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite avviatasi dal 2009: oltre 42 mila unità nati in meno in quattro anni.
I nati da genitori entrambi stranieri, invece, sono ancora aumentati, anche se in misura più contenuta rispetto agli anni precedenti (2.800 nati in più negli ultimi tre anni) e ammontano a poco meno di 80 mila nel 2012 (il 15,0% del totale dei nati).
Il Paracetamolo (acetaminofene) è il farmaco più comunemente usato in gravidanza, ma sono molto pochi gli studi che hanno indagato le possibili conseguenze a lungo termine per il bambino. Un nuovo studio presso l’Istituto norvegese di sanità pubblica suggerisce che l’uso a lungo termine di paracetamolo durante la gravidanza può aumentare il rischio di effetti negativi sullo sviluppo del bambino.
Lo studio che ha coinvolto 3000 coppie di fratelli, dimostra che i bambini che erano stati esposti a paracetamolo per più di 28 giorni di gravidanza hanno avuto minori abilità motorie, scarse capacità di comunicazione e problemi comportamentali rispetto ai non esposti.
“I risultati rafforzano la nostra preoccupazione che l’uso a lungo termine di paracetamolo durante la gravidanza può avere un effetto negativo sullo sviluppo del bambino, ma che l’uso occasionale per brevi periodi non è probabilmente dannoso per il feto. Importante sottolineare che non si può supporre che ci sia una relazione causale tra l’uso materno di paracetamolo durante la gravidanza e gli effetti avversi nei bambini da uno studio epidemiologico. Dal momento che questo è l’unico studio a dimostrare questo, vi è la necessità di ulteriori ricerche per confermare o smentire questi risultati “, dice il professor Edvige Nordeng.
Sono state pubblicate dal Queensland Maternity and Neonatal Clinical Guidelines le linee guida sui disturbi ipertensivi in gravidanza.
L’ipertensione è uno dei problemi più comuni in gravidanza ed è causa di morbilità e mortalità perinatale e materna. Le donne in gravidanza con ipertensione hanno più probabilità di sviluppare il distacco della placenta, emorragia cerebrale, insufficienza epatica e renale.
Scarica e leggi il documento in formato pdf: Hypertensive disorders of pregnancy
Queensland Maternity and Neonatal Clinical Guidelines Program
E’ stato pubblicato il secondo Rapporto sulla Salute Perinatale in Europa, che riporta l’analisi comparativa, per i 29 Paesi europei, di trenta indicatori chiave raggruppati in 4 aree principali:
Salute feto – neonatale e del bambino;
Salute materna;
Caratteristiche delle popolazioni e distribuzione dei fattori di rischio;
L’assistenza sanitaria.
In Italia, Euro Peristat è stato coordinato dall’U.O. di Epidemiologia dell’Ospedale Pediatrico Bamb ino Gesù di Roma, in collaborazione con il Ministero della Salute e l’ ISTAT.
La prima versione del Rapporto Perinatale, pubblicato nel 2008 (dati del 2004), aveva messo in evidenza la variabilità esistente tra i diversi Paesi sia in termini di esiti di salute che di assistenza sanitaria. La versione attuale riporta i dati aggiornati al 2010, e permette l’esame dei cambiamenti avvenuti rispetto al 2004.
Sono state pubblicate dal National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) le linee guida sulla somministrazione di antibiotici nelle infezioni neonatali ad una insorgenza entro le 72 ore dalla nascita. Queste infezioni sono di solito causate da microrganismi dal tratto genitale della madre, incluso il gruppo BStreptococcus (GBS ), E. coli, Pseudomonas e Klebsiella . Tali infezioni possono svilupparsi improvvisamente e rapidamente, con una mortalità particolarmente elevato nei neonati prematuri e quelli con un basso peso alla nascita.
I neonati con sospetta infezione dovrebbero ricevere antibiotici il più rapidamente possibile (entro 1 ora). Il trattamento dovrebbe essere per via intravenosa di Benzilpenicillina e gentamicina usati in combinazione.
Gli antibiotici, soprattutto se assunti da bambini con meno di 6 mesi di età, può spostare l’equilibrio dei batteri nell’intestino e può preparare il terreno per l’obesità. Lo studio, che appare sulla rivista “International Journal of Obesity“, ha trovato che i bambini trattati con antibiotici prima dei 6 mesi di età hanno il 22% in più di probabilità di essere in sovrappeso, quando avranno poco più di 3 anni.
Gli effetti tendono a svanire quando l’assunzione degli antibiotici supera i 6 mesi.
Lo studio condotto dai ricercatori della NYU School of Medicine, ha valutato l’uso di antibiotici in 11,532 bambini nati nel 1991 e 1992.
Predire l’intero genoma del feto – e la presenza di eventuali malattie genetiche – da un prelievo di sangue materno e da un campione di saliva del papà. Evitando anche quell’1% di rischio di interruzione di gravidanza che comportano test invasivi come l’analisi dei villi coriali e l’amniocentesi. É quanto fatto da un gruppo di ricercatori della University of Washington guidati da Jacob Kitzman e Matthew Snyder – in collaborazione anche con l’ Università di Bari – analizzando il dna fetale che nuota nel sangue materno.
Frammenti di dna nel nascituro sono presenti, mescolati a quelli di origine materna, nel circolo sanguigno della mamma fin da poco dopo il concepimento. In genere, di tutto il dna che si ritrova nel sangue, circa un 10% è di origine fetale.
Il problema però è che, vista la relativa poca abbondanza del dna del nascituro contro quello materno, identificare il materiale genetico del feto non è facile.
Ora si è arrivati ad un traguardo importante, come ha precisato Shendure: “Questo studio apre le porte alla possibilità di analizzare l’intero genoma del feto per più di 3000 disordini genetici di un singolo gene con un unico test non invasivo”. Anche se prima sarà necessario rendere la tecnica più economica e, magari, concentrare gli sforzi solo su alcune porzioni del genoma coinvolte nelle malattie genetiche.
Le aree coperte dalle raccomandazioni includono: come riconoscere i fattori di rischio per l’infezione neonatale; segni e sintomi, un quadro di azione diretta clinici nei bambini a rischio di infezione, i tempi e la durata del trattamento antibiotico, tra cui i regimi di trattamento antibiotico per la meningite confermata e/o sospetta, le indagini durante il trattamento antibiotico, il supporto e le informazioni e che devono essere fornite ai genitori o accompagnatori dove ci sono tutte le preoccupazioni cliniche su un possibile esordio precoce dell’infezione neonatale.
Scoprire con un semplice prelievo di sangue e un’efficacia superiore al 90% il sesso del bebè ancora nel pancione ed eventuali malattie ereditarie, già dalla settima settimana di gravidanza e senza rischi di aborto. Una metanalisi del National Institutes of Health condotta dalla dott.ssa Diana Bianchi, promuove il test del Dna fetale libero che “viaggia” nel sangue materno: rispetto all’ecografia morfologica (eseguibile dall’11esima settimana di gestazione in poi) può essere fatto prima ed è molto più affidabile, e contrariamente all’amniocentesi non è per nulla invasivo.
Gli scienziati Usa hanno calcolato che questo esame ha una sensibilità del 95,4%, una specificità del 98,6%, un valore predittivo positivo del 98,8% e negativo del 94,8%. Le sue performance sono alte quando il Dna fetale viene isolato dal sangue materno prelevato dopo la settima settimana di gravidanza, e sono massime quando il prelievo e’ fatto dopo 20 settimane di gestazione, probabilmente perché le concentrazioni di Dna fetale libero nella circolazione sanguigna materna sono superiori.
Si potrebbe dire addio all’invasivo e spesso pericoloso esame dell’amniocentesi, fino ad ora necessario per stabilire la presenza di una malattia genetica in un nascituro. I ricercatori della Chinese University of Hong Kong e del Prince of Wales Hospital di Hong Kong hanno infatti dimostrato che è possibile analizzare il genoma del bimbo con un semplice test del sangue che permetta di separare il suo Dna da quello della madre.
Per distinguere nel plasma materno il Dna del bambino viene eseguita una villocentesi che permette di separare i filamenti di madre e figlio (presenti in un 10 per cento nel plasma della donna). I ricercatori hanno potuto così ricostruire la mappatura genetica del feto e scoprire se era portatore di malattie genetiche. Il sistema apre nuove possibilità per una diagnosi prenatale non invasiva. La pubblicazione sulla rivista “Science Translational Medicine“.
È stata presentata oggi a Vicenza CARPEDIEM “Cardio-Renal,Pediatric Dialysis Emergency Machine“, la prima macchina al mondo dimensionata per neonati con gravi disfunzioni cardiache e renali.
Fino ad ora i neonati di peso inferiore ai 3 chili, in caso di insufficineza renale grave (dal 5% al 20% dei casi nelle terapie intensive neonatali) venivano trattati con le macchine per dialisi tarate sugli adulti, con gravi rischi di scompenso o di fallimento della terapia.
La macchina, del costo di circa 250mila euro, e’ stata realizzata da due ditte italiane, e’ grande come una macchinetta domestica per il caffe’ espresso, e permette di trattare il neonato con insufficienza renale acuta (gravissima e spesso mortale) con procedure perfettamente tarate sulle sue caratteristiche, a cominciare dal peso e dalla quantita’ di sangue circolante nell’organismo: una dialisi miniaturizzata che secondo i suoi ideatori potra’ salvare molte piccole vite.
Trattamento dell’itterizia nei neonati (7,64 Mb – pag. 525). Questa linea guida fornisce indicazioni sul riconoscimento, la valutazione e il trattamento di ittero neonatale nei bambini dalla nascita fino a 28 giorni.
Nasce in Veneto una particolarissima organizzazione ospedaliera in rete per la gestione in urgenza-emergenza del neonato critico e del bambino.
Il numero dei bambini che necessitano di cure altamente specialistiche entro i primi 30 giorni di vita è in costante aumento e il 10% di loro richiede il ricovero alla nascita o nei primi giorni di vita; circa 1000 neonati l’anno nascono prematuri. Inoltre 300.000 bambini in età pediatrica vengono portati ogni anno in un Pronto Soccorso.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha divulgato un documento sull’Influenza A (H1N1) in ambito perinatale, elaborato dal Gruppo di Studio di Infettivologia Neonatale della Società.
Il documento raccoglie le evidenze scientifiche, le indicazioni di autorevoli fonti straniere e le indicazioni ministeriali sull’argomento ed è stato approvato e pubblicato dal Consiglio Direttivo della Societa’ in data 30 Ottobre 2009.
Uno studio finanziato dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) americano ha stabilito una relazione di causa-effetto tra i farmaci assunti in gravidanza e le malformazioni alla nascita.
La ricerca ha analizzato 13.000 madri di neonati venuti alla luce con malformazioni e 5.000 donne con piccoli sani. Le volontarie messe confronto abitavano nella stessa regione di modo da evitare possibili motivazioni ambientali ai problemi dei piccoli. Le donne sono state considerate ‘esposte agli antibiotici’ se avevano usato questi farmaci nel mese precedente al concepimento o nel primo trimestre di gravidanza. Tra le malformazioni alla nascita riscontrate figurano: alterazioni cerebrali o cardiache, arti piu’ brevi della norma, cavo orale non sviluppato completamente.
L’uso di medicinali antibiotici e sulfamidici in gravidanza e correlato alle malformazioni alla nascita
Un farmaco utilizzato per trattare il cancro può fermare le contrazioni e può prevenire il parto prematuro. Questo è il risultato di una sperimentazione fatta dai ricercatori dell’ Università di Newcastle che hanno testato il farmaco Tricostatina A sui tessuti prelevati da 36 donne sottoposte a taglio cesareo.
La terapia ha aumentato i livelli di una proteina che controlla il rilassamento muscolare. Ricordiamo che la Tricostatina A (TSA) è conosciuta per promuovere la morte delle cellule tumorali. Nick Finner, uno degli sperimentatori, precisa che “il medicinale non sarà mai somministrato direttamente alle pazienti perché può danneggiare fino al 10% dei geni contenuti in una cellula. Ma questo studio ci ha mostrato una nuova via da esplorare”, per trovare un’alternativa ai prodotti oggi impiegati per ritardare il parto, che provocano molti effetti collaterali.
Il farmaco sembra in grado di aumentare i livelli di una proteina, detta Pka, coinvolta nel controllo del rilassamento dell’utero durante la gravidanza.
Il pediatra e pneumologo Eugenio Baraldi del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova e il neonatologo Marco Filippone con il loro staff hanno condotto uno studio volto a scrivere la storia naturale ed evolutiva della displasia polmonare.
Lo studio prospettico è stato condotto dall’ottobre del 1992 ad aprile del 2008, dimostra come i primi anni di vita siano il momento più critico per la corretta formazione del sistema respiratorio. La ricerca pubblicata sulla rivista JAMA ha dimostrato come il grado di limitazione funzionale del polmone in età adolescenziale dipenda dall’entità del danno delle vie aeree misurato all’età di 2 anni.
Un’indagine scientifica, pubblicata sulle pagine del “Journal of Epidemiology and Community Health”, ha confrontato i dati sulla salute dei neonati con quelli sulle rilevazioni dell’inquinamento atmosferico, effettuate dalla Environmental Protection Agency degli Stati Uniti.
I ricercatori coordinati dal dott. Rhoads hanno potuto rilevare che lo smog è in gradi di rallentare lo sviluppo del feto nel grembo materno, specialmente se la madre è esposta alle sostanze inquinanti nei primi e negli ultimi tre mesi della gravidanza.
Lo studio ha coinvolto un campione di bambini, 336mila, nati tra il 1993 e il 2003 nello stato americano del New Jersey. In conclusione la ricerca scientifica raccomanda alle donne che aspettano un figlio di evitare le strade troppo trafficate e le zone troppo inquinate.
L’edizione 2009 del rapporto annuale dell’UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo“, dedicato quest’anno alla salute materna e neonatale, fa emergere con nettezza la connessione tra la salute e la vita delle mamme e dei loro neonati, tra povertà e mortalità, tra rispetto dei diritti della donna e tassi di sopravvivenza di madre e bambino.
Il nuovo rapporto dell’UNICEF non si limita ad analizzare le cause dei due fenomeni, ma delinea anche le misure necessarie a contrastarli e le “buone pratiche” sperimentate in diverse parti del mondo, che dovrebbero essere adattate e replicate ovunque possibile.